Siamo il frutto delle nostre relazioni. Il nostro io è la somma di esperienze, di contatti con altri, di letture, di ricordi.
Quando ci guardiamo allo specchio vediamo un riflesso di noi stessi effimero, legato ad un hic et nunc irripetibile, mentre un istante dopo non assomigliamo più a noi stessi perché tutto ciò con cui veniamo in contatto ci trasforma e noi trasformiamo ciò con cui ci relazioniamo. Così anche gli oggetti che tocchiamo non sono più gli stessi dopo che su di essi abbiamo lasciato le nostre impronte come tracce stratificate ed indelebili.
A questo pensava Beatrice Verdi dopo aver portato a termine la sua tesi di laurea sul David di Michelangelo e dopo aver approfondito il tema della Sindrome di Stendhal.
La sua ricerca l'aveva portata a contatto con l'affascinante porfessor Carlo Regis, ma anche con il diabolico Stefano Corona, guardasala alle Gallerie dell'Accademia di Firenze, che aveva individuato in lei la sua musa ispiratrice per creare la sua opera perfetta e aveva ordito alle sue spalle un terribile piano...
Pagine | 241 |
Formato | [EU] Stampa bianco e nero - standard - 140x226 mm - Carta bianca - Copertina opaca |
Peso | 323 gr. |